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Nota critica
Nota storico-critica
Sperimentatore instancabile, Geremia Re (Leverano, 1894-Lecce, 1950) e` considerato un caposcuola di riferimento della scena culturale e della pittura pugliese della prima metà del XX secolo, uno straordinario testimone della sua epoca, in grado di rappresentare il realismo della condizione umana con i suoi miti e le sue passioni. Di lui, l'amico Renato Guttuso ha detto: «Solo dopo la sua morte si accorsero che era un pittore fra i migliori del suo tempo».
L'artista pugliese si forma a Roma, presso l'Istituto d'Arte, dove partecipa a concorsi e mostre nazionali. Con questo bagaglio di esperienze rientra in Salento.
Dal 1922 al 1928 è docente di decorazione pittorica a Lecce, presso la Regia Scuola Industriale d'Arte. L'esigenza di aggiornare il suo linguaggio rispetto alla tradizione, ancora immersa in un naturalismo tardo-ottocentesco, e la sua indole irrequieta lo portano più volte a trasferirsi. Tra il 1928 e il 1929 soggiorna per alcuni mesi a Parigi esponendo al Salon d'Automne le sue opere, già tecnicamente impeccabili e incentrate sull'intimismo della realtà, su un linguaggio estremamente personale e una notevole capacità evocativa, nei quali si stemperano storie e memorie messe a disposizione dello spettatore. A partire dall'anno scolastico 1939-40, invece, è a Parma, dove occupa la cattedra di Figura presso l'Istituto d'Arte “Paolo Toschi”. Durante i quattro anni nella città emiliana, ha modo di frequentare Carlo Mattioli, Atanasio Soldati, Umberto Lilloni, Attilio Bertolucci. La guerra lo obbliga repentinamente a ritirarsi a Lecce. Al suo rientro in Puglia, Geremia Re è ormai un artista maturo, destinatario di commissioni da parte della borghesia locale che lo sostiene e colleziona. Come ha scritto Franco Sossi nel 1963: «La sua opera e la sua azione sono certamente da considerarsi tra i primi moti di una decisa lotta rinnovatrice. Egli è stato tra i primissimi e i pochissimi che nel Mezzogiorno e nel dopoguerra credettero nei valori dell'arte contemporanea, nelle possibilità di rottura da uno schema non più tollerabile, al fine di vedere le cose in una nuova dimensione, con più slancio e purezza». Il suo percorso di ricerca culmina con l'opera monumentale Teatro della vita (1949), indicata anche con il titolo di Commedia umana, «il dipinto più noto dell'artista, al tempo stesso testamento intellettuale e massimo capolavoro. […] La tendenza neocubista, ampiamente praticata, a partire dagli ultimi anni Quaranta, da molti artisti pugliesi, da Mino delle Site a Domenico Cantatore, e`, per l'artista, l'ultima sperimentazione», ha sottolineato Carmelo Cipriani.
Stando ai suoi stessi appunti, su questa superficie di faesite Geremia Re ha inteso dare forma a «La commedia della vita. La ricchezza e la povertà. L'amore e l'odio. La guerra e la pace. Il riso e il pianto o la gioia e il dolore. Le arti e le scienze. Il bene e il male. La virtù e il vizio. La saggezza e l'ignoranza. Il lavoro. La danza». Lo studio attento delle figurazioni del Picasso post-cubista e di quelle di Guttuso, esponente di punta del dibattito sul realismo e sulla funzione sociale dell'arte, lo portano nell'ultimo decennio della sua vita all'evoluzione di una figurazione “esistenziale-memoriale”, attenta alle questioni sociali, alle relazioni con le tradizioni popolari, al modo di intendere l'arte come gesto che privilegia il contenuto.
Concepito per il ridotto dell'Ariston di Lecce, il pannello del Teatro della vita ha conservato la collocazione originaria fino al 2001, anno di vendita del teatro. Dopo circa sette anni trascorsi in una sala del Castello Carlo V di Lecce, è stato acquistato e restaurato nel settembre 2008 sotto la Presidenza di Lorenzo Zecca dalla Banca di Credito Cooperativo di Leverano, nella cui collezione d'arte oggi si trova.
Cesare Biasini Selvaggi
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Il 6 luglio 1952, 99 soci fondatori firmano l'atto costitutivo della Cassa Rurale ed Artigiana di Leverano. Tra questi, Antonio Biasi e don Vincenzo Zagà, il parroco della Chiesa matrice della Santissima Annunziata, che curano l'iter di costituzione cui segue, nel novembre del 1953, l'autorizzazione all'esercizio dell'attività bancaria rilasciata dalla Banca d'Italia. Dalle origini, attraverso un percorso di consolidamento aziendale e radicamento territoriale, la Cassa diventa nel 1993 Banca di Credito Cooperativo di Leverano e inaugura la prima filiale di Porto Cesareo. Il modello di Banca del Territorio viene esportato con successo nelle zone limitrofe del Salento, in attuazione di una mission strategica di lungo periodo che vede l'apertura, in rapida successione, delle filiali di Veglie, Nardò, Copertino, Galatina, Lequile, Lecce, Galatone, Cutrofiano, Maglie e Gallipoli, nel costante perseguimento degli scopi mutualistici e con un'attenzione capillare ai bisogni delle comunità.