Questa preziosa scultura in terracotta invetriata policroma attribuita a Luca della Robbia ‘il giovane', proveniente dall'antica Compagnia di Sant'Antonio Abate di Montevarchi (importante centro artistico-culturale toscano tra la fine del XV e la fine del XVIII secolo), raffigura l'iniziatore del monachesimo cristiano. Per questo motivo, il santo è ritratto come un monaco anziano con barba bianca, vestito della tonaca da frate col cappuccio; la mano destra mancante era in atto benedicente mentre la sinistra impugna un libro con borchie nella rilegatura, simbolo della sua scienza, della sua dottrina e predicazione. Ai piedi compare un maialino, secondo l'iconografia radicatasi nel Medioevo sarebbe un'allusione alle tentazioni della carne subite, ma anche alle sue proverbiali intercessioni miracolose per guarire dalle più diverse malattie della pelle (tutte poi popolarmente ribattezzate “fuoco di sant'Antonio”).
Come ha scritto Giancarlo Gentilini, «Simili statue, realizzate perlopiù in legno o in terracotta dipinta, hanno avuto una vasta diffusione tra Quattro e Cinquecento, fortemente legata alla religiosità popolare e alle facoltà taumaturgiche del santo, invocato come protettore da ogni tipo di contagio e venerato come patrono di molte attività agricole e degli animali domestici, trovando dunque più specifiche aree di culto nelle comunità rurali e nei centri urbani intorno a cui queste gravitavano, anche a opera dell'ordine degli Ospedalieri Antoniani e di innumerevoli confraternite» (G. Gentilini, in Botticelli, Della Robbia, Cigoli – Montevarchi alla riscoperta del suo patrimonio artistico, a cura di B. Santi-L. Bencistà-F. Rotundo, catalogo della mostra Montevarchi, Palazzo del Podestà, 20 gennaio-28 aprile 2019, Settore8 Editoria, Terranuova Bracciolini 2018, p. 74).
Le inflessioni moderne e raffinate della scultura di Sant'Antonio abate inducono ad ascriverne la paternità a Luca della Robbia ‘il giovane' (Firenze, 1475-Parigi, Francia, 1548), nonché gli «[…] esiti stilistici assai prossimi ai lavori ricondotti a Luca ‘il giovane', come la Natività in San Francesco a Barga, la Madonna e Santi in San Mauro a Signa e soprattutto quella in San Francesco ad Asciano, […]» (G. Gentilini, ivi, p. 76).
Cesare Biasini Selvaggi
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BANCA VALDARNO
Fondata da don Antonio Torrini nel 1912 con il nome di Cassa Rurale ed Artigiana di San Giovanni Valdarno, la Banca nasce per rispondere alle esigenze degli artigiani e degli agricoltori che costituivano la principale fonte di ricchezza della valle. A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso l'istituto inizia a estendere la sua operatività e, dagli anni Novanta, vengono aperte numerose filiali in tutta la valle. Finché nel 2000, per precisare l'ampia territorialità valdarnese oramai consolidata, viene modificata la denominazione sociale in Banca del Valdarno. Banca del territorio, banca nel territorio: una presenza capillare e fortemente attiva, che amministra le risorse economiche delle famiglie, delle imprese e degli enti che operano nel Valdarno per favorirne una crescita costante e armonica in un mercato sempre più esigente, selettivo e globale, con l'impegno di contribuire a costruire un futuro di solidarietà e democrazia economica.